Donington Park, 11 aprile 1993

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  1. V-tec73
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    E insomma sono passati 21 anni da quel giorno là.

    O almeno, sono passati 21 anni IERI, ma diciamo che ho avuto degli impedimenti che mi costringono a pubblicare questa roba OGGI, e voi fate finta di niente, dai.

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    Se ci pensate, a Donington, un GP di Formula 1 non ce l’hanno più fatto. Non ci hanno più nemmeno provato.
    Quando una cosa ti viene bene, così bene, al primo colpo, perché mai riprovarci? Col rischio che magari poi ti viene fuori anche una bella gara, ma la gente continuerebbe a dire “si però il ’93”, e allora va bene così.
    Se a Leonardo fosse piaciuta la prima versione de “La Vergine delle Rocce”, pensate davvero che ne avrebbe dipinte altre due?

    Siamo qui 21 anni dopo, a parlare di un pomeriggio di un giorno di Pasqua tipicamente inglese. Pioggia, cielo grigio, tutta quella roba lì. Niente che meriterebbe di essere ricordato, almeno in apparenza.

    Le qualifiche si erano svolte sull’asciutto, e in condizioni normali, quell’anno lì, non ce n’era per nessuno. La Williams aveva costruito una astronave. Un missile imbottito di elettronica, un capolavoro di ingegneria. Imbattibile. E infatti la prima fila era roba loro. Davanti Prost, dietro Hill. Dietro di loro uno di cui in seguito si sarebbe parlato tanto: Schumacher.

    Senna era solo quarto, davanti a Wendlinger, un altro di cui all’epoca si pensava che si sarebbe parlato molto anche di lui, e invece.

    Al verde, proprio Wendlinger è quello che parte meglio di tutti, passando Senna e Schumacher.

    Poi comincia lo spettacolo.

    Per Ayrton, Schumacher è una formalità da espletare alla prima curva, senza apparente fatica. Due curve dopo e si piazza all’esterno di Wendlinger, passato anche lui.

    E tu pensi “ah, però”.

    Però non hai visto ancora nulla.

    Le astronavi, dicevamo.

    La prima sulla strada di Senna, la guida Damon Hill. Che con tutto il rispetto, quel giorno proprio non può farci nulla. Due curve, e anche lui è una macchia che sparisce nell’acqua sollevata dalla McLaren e si confonde col paesaggio.

    Davanti c’è Prost.

    Già, Prost.

    Quello di Suzuka.

    Quello che “se alla Ferrari ci sono io, lui non ci deve venire.”

    Quello di Suzuka, un’altra volta.

    Quello che “se alla Williams ci sono io, lui non ci deve venire.”

    Prost.

    Quello che poco più di un anno dopo, pochi minuti prima di infilarsi nel Tamburello per l’ultima, disgraziata volta, Ayrton saluterà via radio con un “We miss you Alain” che ti aveva scaldato il cuore. Perché ci speravi che quei due facessero pace prima o poi, perché li volevi vedere abbracciarsi alla fine di quella storia. E invece.

    Prost dicevamo.

    Il circuito di Donington è una bellezza tipicamente inglese. Sdraiato sul fianco di una collina verde come sono verdi solo i prati inglesi, con delle curve morbide e sinuose.
    Poi però ci avevano aggiunto un pezzo, per allungarlo. Due rettilinei con un tornante alla fine che non c’entra nulla col resto della pista. Una roba che sarebbe piaciuta a Tilke, per dire.

    E proprio in quel tornante lì, succede quello che deve succedere. Prost con la sua astronave corazzata di silicio tira anche la staccata e prova a stringere. “Ma per favore” deve aver pensato Ayrton in quel momento, mentre lo affiancava. Si guardano pure i due, per un attimo. O almeno così ti sembra. O almeno così ti piace pensare.
    Poi Senna se ne va.

    Dal semaforo verde a qui sono passati ottantuno secondi.

    Ottantuno secondi che finiscono dritti nella leggenda e di cui, appunto, chi li ha visti conserva un ricordo speciale. Chi amava Senna, chi lo detestava.
    Dicono che il tempo renda diverse le cose. Che smussi i ricordi e gli angoli rendendoli curve della memoria (cit.), che forse il modo in cui Senna se n’è andato abbia ammantato di un’aura di leggenda ogni cosa a lui legata.

    Forse.

    Però a Donington, 21 anni fa, è successa una cosa che nella leggenda ci entra di diritto indipendentemente da tutto il resto, e mi piaceva provare a ricordarla così.

    Grazie Ayrton, ancora una volta.
     
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  2. nelson66
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    pelle d.oca

    grazie Gianluca....
     
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  3. naviossab
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    Bravo Gian Luca, grazie del ricordo...
     
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  4. Gosezz
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    Video
    Dal minuto 5.20

    E ogni volta... sale il nodo alla gola e lacrimano gli occhi... :cry:
     
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  5. <Gilles>
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    Gian Luca, è strano come certe sequenze, 20 / 30 episodi forse, nella storia della F1 vista davanti alla tv, ti rimangano dentro mentre passano gli anni.
    In presa diretta ti rendi conto che hai assistito ad una bella gara, successivamente ti accorgi che quella gara non se ne va più dai tuoi ricordi.
    Quindi quella gara diventa mitizzata, con tutte le stupidaggini che seguono da parte di chi vuole aggiungergi sempre qualcosa, mentre a noi rimane la percezione che quel giorno lì successe qualcosa che riuscì sinceramente a stupire pure noi che le gare, di tante categorie, ce le vediamo tutte.
     
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  6. victrix
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    CITAZIONE (V-tec73 @ 12/4/2014, 15:04) 
    E insomma sono passati 21 anni da quel giorno là.

    O almeno, sono passati 21 anni IERI, ma diciamo che ho avuto degli impedimenti che mi costringono a pubblicare questa roba OGGI, e voi fate finta di niente, dai.

    (IMG:https://fbcdn-sphotos-b-a.akamaihd.net/hph...813784279_n.jpg)

    Se ci pensate, a Donington, un GP di Formula 1 non ce l’hanno più fatto. Non ci hanno più nemmeno provato.
    Quando una cosa ti viene bene, così bene, al primo colpo, perché mai riprovarci? Col rischio che magari poi ti viene fuori anche una bella gara, ma la gente continuerebbe a dire “si però il ’93”, e allora va bene così.
    Se a Leonardo fosse piaciuta la prima versione de “La Vergine delle Rocce”, pensate davvero che ne avrebbe dipinte altre due?

    Siamo qui 21 anni dopo, a parlare di un pomeriggio di un giorno di Pasqua tipicamente inglese. Pioggia, cielo grigio, tutta quella roba lì. Niente che meriterebbe di essere ricordato, almeno in apparenza.

    Le qualifiche si erano svolte sull’asciutto, e in condizioni normali, quell’anno lì, non ce n’era per nessuno. La Williams aveva costruito una astronave. Un missile imbottito di elettronica, un capolavoro di ingegneria. Imbattibile. E infatti la prima fila era roba loro. Davanti Prost, dietro Hill. Dietro di loro uno di cui in seguito si sarebbe parlato tanto: Schumacher.

    Senna era solo quarto, davanti a Wendlinger, un altro di cui all’epoca si pensava che si sarebbe parlato molto anche di lui, e invece.

    Al verde, proprio Wendlinger è quello che parte meglio di tutti, passando Senna e Schumacher.

    Poi comincia lo spettacolo.

    Per Ayrton, Schumacher è una formalità da espletare alla prima curva, senza apparente fatica. Due curve dopo e si piazza all’esterno di Wendlinger, passato anche lui.

    E tu pensi “ah, però”.

    Però non hai visto ancora nulla.

    Le astronavi, dicevamo.

    La prima sulla strada di Senna, la guida Damon Hill. Che con tutto il rispetto, quel giorno proprio non può farci nulla. Due curve, e anche lui è una macchia che sparisce nell’acqua sollevata dalla McLaren e si confonde col paesaggio.

    Davanti c’è Prost.

    Già, Prost.

    Quello di Suzuka.

    Quello che “se alla Ferrari ci sono io, lui non ci deve venire.”

    Quello di Suzuka, un’altra volta.

    Quello che “se alla Williams ci sono io, lui non ci deve venire.”

    Prost.

    Quello che poco più di un anno dopo, pochi minuti prima di infilarsi nel Tamburello per l’ultima, disgraziata volta, Ayrton saluterà via radio con un “We miss you Alain” che ti aveva scaldato il cuore. Perché ci speravi che quei due facessero pace prima o poi, perché li volevi vedere abbracciarsi alla fine di quella storia. E invece.

    Prost dicevamo.

    Il circuito di Donington è una bellezza tipicamente inglese. Sdraiato sul fianco di una collina verde come sono verdi solo i prati inglesi, con delle curve morbide e sinuose.
    Poi però ci avevano aggiunto un pezzo, per allungarlo. Due rettilinei con un tornante alla fine che non c’entra nulla col resto della pista. Una roba che sarebbe piaciuta a Tilke, per dire.

    E proprio in quel tornante lì, succede quello che deve succedere. Prost con la sua astronave corazzata di silicio tira anche la staccata e prova a stringere. “Ma per favore” deve aver pensato Ayrton in quel momento, mentre lo affiancava. Si guardano pure i due, per un attimo. O almeno così ti sembra. O almeno così ti piace pensare.
    Poi Senna se ne va.

    Dal semaforo verde a qui sono passati ottantuno secondi.

    Ottantuno secondi che finiscono dritti nella leggenda e di cui, appunto, chi li ha visti conserva un ricordo speciale. Chi amava Senna, chi lo detestava.
    Dicono che il tempo renda diverse le cose. Che smussi i ricordi e gli angoli rendendoli curve della memoria (cit.), che forse il modo in cui Senna se n’è andato abbia ammantato di un’aura di leggenda ogni cosa a lui legata.

    Forse.

    Però a Donington, 21 anni fa, è successa una cosa che nella leggenda ci entra di diritto indipendentemente da tutto il resto, e mi piaceva provare a ricordarla così.

    Grazie Ayrton, ancora una volta.

    Cosa dire...
    Lucciconi, e anche se non Ti conosco, grande stima.
    Grazie
     
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5 replies since 12/4/2014, 14:04   158 views
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